Bar Sacchi

02 agosto 2005

La storia vera di Dl4, un beagle da esperimenti

Dedicato ai cani perduti, alla perenne ricerca di un’isola che non c’è

DL4 non è un cane come gli altri, quando ricordo da dove viene, devo calmarmi per non cedere alla tentazione di fare qualcosa di brutto.
Una pistola puntata in mezzo agli occhi e una manica di legnate da non scordarle più per tutta la vita. Altro che incontri spiegazioni, negoziazioni, tavole rotonde.Il suo non è un nome buffo, uscito, che so, da Guerre Stellari, come C1P8.Al contrario, DL4 si chiama così perché nessuno si dimentichi mai, guardandolo, che cosa gli hanno fatto, da dove viene e perché è venuto al mondo.

Si chiama DL4 per ricordare il DL50, si chiama DL4 perché è il quarto che abbiamo tirato fuori, si chiama DL4 e non Fido, Bobi, Nicky o Chicco, per ricordare quanti prima e dopo di lui hanno subìto il DL50.
Il DL50.

Solo a nominarlo vengono i brividi.Il test di tossicità più diffuso al mondo, il più comune e il più utilizzato. non una semplice prova su animali ma piuttosto LA PROVA SU ANIMALI per eccellenza per misurare il grado di tossicità di una sostanza. E, nel corso del DL50, ogni anno, muoiono come mosche, milioni di cani, gatti, conigli, ratti, cavie. Uno dopo l’altro. Inesorabilmente. Alcuni insieme, come di colpo, e, allora, sembra quasi meno terribile perché le convulsioni paiono meno strazianti. E, almeno, si muore più in fretta.

Tanto, veloce o lenta che sia, alla morte non c’è scampo, e neanche al DL50, perché il DL50 non si interrompe fino a che, su ogni gruppo, su ogni campione di animali, non muoiono la metà dei soggetti. Per asfissia, soffocamento, arresto cardiaco, paralisi progressive. E, su 100, restano a terra 50 cani, su 400, 200 e così via. Numeri, calcoli, frazioni. rifiuti da smaltire.

Io, invece, ricordo solo un’alta cancellata e un bianco muro di cinta. Fuori: alberi in fila a correre diritti lungo il perimetro.tutto quieto e pulito, anche l’aria.
Dentro, aldilà del cancello, semplicemente, l’inferno. Dietro le finestre dei capannoni un numero inimmaginabile di animali.
Cani a migliaia. conigli, ratti, cavie, topi. maiali di varie dimensioni, ognuno con il suo peso e il suo prezzo. Quando siamo usciti, nessuno ha parlato per un po'’ Il silenzio era sordo come un tonfo. Pesante più di una cassa di ferro pesante. Tornavamo da un incubo sulla terra. (…)

Poco dopo la sua liberazione, DL4 è scappato. L’abbiamo ritrovato a Bollate, in un tombino. Immobilizzato ad una zampa non poteva uscire e si nascondeva da giorni dietro le grate di una specie di cunicolo aperto in una roggia. DL4, stremato, si è lasciato infine prendere dalle uniche mani di cui non aveva paura. e che già lo avevano preso una volta.

Le mie.

A commuovere molti, la sua storia. non di cane qualunque, eppure simile a quella di tanti cani perduti per le strade del mondo.Negli occhi di DL4, le strette pareti di un laboratorio farmaceutico e il freddo colore verde dei camici degli sperimentatori.

Sulla pelle, la pelle d’oca di chi è sopravvissuto a cose indicibili, oltre I bastioni di Orione, Ed è tornato indietro.Perché, fino al maggio del 1999, DL4 era una cavia da laboratorio.
Mentre, oggi, a volte, DL4 si mostra, con timidezza, e, mostrandosi, fa vedere a tutti, al mondo, e al nostro fragile, illuminato movimento antivivisezionista, come sono in fin dei conti, da vicino vicino, questi animali da laboratorio.
A cosa possa essere ridotta una creatura vivente per diventare un buon animale da laboratorio. Un buon modello per l’uomo.
Inconsistente come un’ombra, fragile come un fantasma. Perché quando abbiamo preso DL4 oltre il muro di cinta, non aveva nulla del cane, se non l’apparenza.

assolutamente inerme e assente. privo di vita. L’unico stimolo era dato dal cibo,poi risopraggiungeva il torpore.
Come se l’anima fosse chiusa da qualche parte lontana, in un tempo diverso, sospesa o imprigionata nell’eterno e nell’infinito della morte o dell’assenza, o si fosse rifugiata in fondo agli abissi dell’essere sconfinato di quella creatura silente che sembrava a un passo appena dalla morte, un oggetto tremante, e la vita fosse sul punto di abbandonarlo per sempre in ogni momento. Così è DL4. un cane del tutto alla mercé di chi ce l’ha tra le mani. Che non abbaia, non guaisce, non si muove. Come una pietra. Vissuto in asettiche gabbie di metallo con aria artificiale. Senza conoscere il ,vento, il sole, l’erba, il sapore dei prati e l’esistenza di umani di cui fidarsi e da cui essere amati.

E, allora, spesso penso che qualcuno ha ridotto così il mio cane e mille altri come lui. Conosco il suo nome e so dove trovarlo. Poi penso, in fin dei conti, che quell’uomo è morto il giorno in cui l’ha toccato. Solo per averlo ridotto così. Meno di una pietra. Rubandogli l’anima, l’ha persa lui stesso, nel medesimo istante.

E, se penso a una pistola puntata in mezzo alla fronte e a una manica di legnate da non scordarsele più per tutta la vita, mi dico che forse non ne vale la pena.Anche se, ancora oggi, per terrore, DL4 si nasconde e scappa.
Praticamente da tutto. soprattutto da qualsiasi cosa gli ricordi un uomo.

Anche se, ancora, sorrido, quando di DL4 dicono che non ha avuto danni permanenti.
Perché lui del laboratorio ricorda tutto, soprattutto gli odori.
Provate a portare DL4 da un veterinario e capirete cosa intendo.
Che nessuno delle varie specie di macellai di cui è popolato il mondo provi a toccare ancora uno dei “nostri” cani, come è successo a DL4, e a tutti iDL della terra, a Missile, o a mille altri senza nome o identità.Niente più riunioni per questo. Niente pace o accondiscendenza verso chi è responsabile. Basta, Siamo stanchi. Arrabbiati. Delusi. Non abbiamo più voglia o tempo da perdere. Niente diplomazia o pazienza. Come segugi, stiamo dietro, passo a passo, sulle orme dei cani perduti di cui si perdono le tracce. ma, soprattutto, stiamo alle calcagna di quei bastardi del genere umano che fanno perdere per sempre i cani perduti, perduti per le strade del mondo, inghiottiti dal buio, dalla nebbia e spariti nel silenzio.

Brano tratto da "Cani scalzi" autrice Sara D'Angelo

Dl1, Dl2, Dl3, Dl4 Un articolo interessante tratto dal sito Promiseland

Appena arrivati nel giardino, i quattro beagle si sono messi a scavare buche e si sono nascosti.
Per mesi sono usciti da queste tane solo quando avevano troppa fame.

"Non avevano mai camminato sull'erba, non avevano mai visto un albero".
Sara D'Angelo, di Arese, ha preso i quattro cani in un laboratorio di ricerca milanese che stava chiudendo. "Me li hanno regalati, tanto li avrebbero soppressi".
I nomi dei quattro beagle sono Dl 1, Dl 2, Dl 3 e Dl 4.

"I primi tre sono riuscita a piazzarli, Dl 4 è rimasto con me. La sigla usata come nome serve a ricordare a chi incontro il passato di questi animali.
Dl 50 è infatti il test di tossicità acuta cui erano sottoposti. Dl sta per dose letale.
E' stato inventato nel 1927 e viene usato ancora, con altro nome. Si somministrano dosi crescenti della sostanza da testare fino a quando questa uccide il 50% degli animali. Ecco come si spiega il numero 50 dopo la sigla".
Ha aspettato più di sei mesi, Sara D'Angelo, dell'associazione "Vita da cani", prima di vedere il suo Dl 4 abbaiare e farle festa. "Se fossero umani, i cani da laboratorio si potrebbero dire autistici.
Sul mio avevano fatto esperimenti sul sangue e test di tossicità.
Io giro per laboratori e chiedo che mi vengano regalati gli animali che già sono stati "usati".
Ho visto cani obbligati alla diarrea per giorni o per mesi, per potere essere poi usati come cavie per gli antidiarroici.


Bisognerebbe riuscire ad entrare con una telecamera, in quei laboratori.
Un addetto alla custodia dei beagle, tutto contento, mi ha fatto vedere come questi siano obbedienti. Ogni tanto li toglie dalle gabbie e li mette in corridoio. Batte le mani e i cani si mettono a correre avanti e indietro, in modo innaturale, agghiacciante. Dieci minuti dopo batte ancora le mani e i cani si immobilizzano".

E' finito bene, il viaggio di Dl 4 e dei suoi fratelli. Un viaggio che inizia nei tre allevamenti italiani di beagle (il più grande, il Morini in terra reggiana è stato bloccato da una legge della Regione) o nel Wisconsin, negli Stati Uniti. La globalizzazione è arrivata anche per questi Snoopy. Basta cliccare sul sito www.harlan. com per acquistare cuccioli beagle per la ricerca e i test tossicologici. Un cagnolino di due mesi costa 465 dollari, uno di sei mesi 560. La società può fornire anche gatti, conigli, ratti e tutto quanto serve in un laboratorio. I cani sono beagle e basta. Ormai sono usati solo loro, in tutto il mondo.
Troppo buoni per ribellarsi, non mordono nemmeno se sottoposti a torture. Hanno la taglia giusta (a sei mesi le femmine pesano 8 kg, i maschi 10) e non sono forti come doberman o cani lupo.

La società americana assicura inoltre che per i propri beagle "c'è una socializzazione quotidiana per garantire che i cani possano essere maneggiati facilmente nei laboratori". I beagle sono "selezionati per colore, forma, tipo, carattere, salute".Ne sono arrivati cinquecento solo a Fiumicino, da settembre all'inizio di questa settimana, quando su un aereo ne sono stati scoperti 16 con certificati sanitari non in regola. "Quando si tratta di cuccioli - dice Gianluca Felicetti della Lav di Roma - c'è quasi una gara per adottarli. E' più difficile trovare casa a beagle adulti, soprattutto quando sono già stati usati per la ricerca". "In certi casi - spiega Massimo Tettamanti, 34 anni, chimico ambientale di Milano, consulente di associazioni animaliste - per il beagle "usato" la morte è l'unica soluzione. Sono stati imbottiti di sostanze nuove che provocano malattie per le quali non si conosce terapia".
Ha visto di tutto, il chimico, nei laboratori privati e universitari. "Vivisezione è una parola che non si usa più.Meglio dire: sperimentazione. Si inietta la tal sostanza nel cervello di un beagle per studiarne le conseguenze. Poi si taglia la calotta cranica, si solleva e si toglie il cervello. Fino al momento del distacco del cervello l'animale è vivo. Solo così si può studiare l'effetto della sostanza. Ho visto nei laboratori cani traballanti e moribondi, altri già morti. Ma la cosa che più mi ha colpito sono i conigli, fermati in quello che viene chiamato "apparecchio di contenzione". E' una gabbia che li blocca completamente, lasciando fuori solo la testa. Vengono usati per i test dei cosmetici, spalmati sugli occhi. Questo animale viene scelto perché non ha le ghiandole lacrimali e con le zampe bloccate non può fregarsi gli occhi. Vedere le cornee che si distruggono è pesantissimo".Stefano Cagno, 40 anni, medico psichiatra, fa parte del gruppo Equivita. Ha scritto un libro, "Gli animali e la ricerca", per gli Editori Riuniti. " I due grandi settori nei quali vengono usati gli animali sono la chimica farmaceutica per i test di tossicità, obbligatori per legge, e la ricerca di base, soprattutto all'università. I beagle sono usati in particolare per la ricerca sui tumori, dopo l'ingestione di sostanze o con l'esposizione a radioattività o amianto.
In chirurgia, sono cavie per le prove di trapianto, anche per quelli fra animali non della stessa specie: parte del fegato di un maiale, ad esempio, può essere collocato in un cane o in un primate non umano".Un tempo erano le scimmie, gli animali più richiesti. "Ma su dieci scimmie catturate in natura ad esempio alle Mauritius, solo una arrivava viva nel laboratorio italiano.

Il beagle, purtroppo, ha la fortuna di essere robusto e per giunta socievole. L'uso degli animali per sperimentazione non è in calo.

Non credo che i dati della Gazzetta ufficiale - pubblicati in base al decreto 116 del 1992, che ha vietato da allora l'uso di cani randagi o presi dai canili - siano veritieri. In Inghilterra si denuncia l'uso di 2.642.993 animali nel 2000, e fra questi i cani sono 4.745. Da noi, sempre nel 2000, si denunciano solo 905.603 animali, e fra questi 776 cani. Ad esempio, si dice che i gatti utilizzati nella sperimentazione sono stati soltanto 25. Conosco un laboratorio di Pisa che da solo ne usa di più e le riviste specializzate sono piene di articoli che raccontano la sperimentazione su questi felini".
Dl 4, il beagle chiamato Dose Letale, non si nasconde più in una buca. "Ma il mio giardino è sempre pronto - dice la signora Sara D'Angelo - ad accogliere i pochi cani che, al termine del loro viaggio, hanno evitato l'ultima iniezione. Sapeste la gioia quando, per la prima volta, li vedo scodinzolare".

Articolo di Jenner Meletti















Dl4 con Dl 5











Dl4 nel suo giardino

















Dl4 con la sua padrona